9 aprile 2008

Persepolis


Per chi avesse voglia di conoscere meglio l'autrice e le opere consiglio un'occhiata qui.

So bene che, secondo Corinne Mayer, prerogativa di tutti gli intellettualoidi da strapazzo è preferire sempre il libro al film. Ma permettetimi di dire che in questo caso il libro è decisamente meglio del film.
Il film semplifica molto la trama rendendola un semplice intreccio autobiografico sullo sfondo della rivoluzione islamica del 1980 in Iran, mentre il libro ha un approccio più complesso, mantiene una certa pluralità di temi e soprattutto si basa sul dualismo tra vicenda pubblica e privata, dando lo stesso rilievo a entrambe.
Definirei la storia una parabola di liberazione al contrario: cioè si parte da un grande evento liberatorio che porta però a una libertà distruttiva e violenta, cui occorre rinunciare per recuperarne una più normale, a misura di essere umano. Si parte infatti dalla rivoluzione islamica in Iran, che porta ben presto a un clima politico repressivo della libertà personale; e proprio per restituire alla protagonista questa libertà - ritenuta giustamente il dono più prezioso - i genitori compiono la scelta difficile, sofferta e senz'altro discutibile di farla trasferire da sola in Europa, nonostante sia solo una ragazzina di 14 anni.

In un paese lontano dai suoi affetti e dalla sua cultura, Marjane affronta la scoperta di se stessa e del mondo, con tutta la coerenza e la dignità di cui sa essere capace una giovane donna vivace e intelligente. Ma anche questa libertà dagli immensi confini ha il potere di farle quel male che i genitori avevano cercato di risparmiarle; trovatasi presto senza soldi, casa e riferimenti affettivi, Marjane vive sulla sua pelle la crudezza di una vita allo sbando. Di qui la decisione, stavolta sua, di tornare in Iran, dove, sfoderando una forza di volontà di ferro, riesce a costruirsi una vera vita; completa gli studi, trova un lavoro, si innamora e addirittura si sposa, benchè molto giovane.

Ma il clima politico opprimente in cui questi eventi si svolgono rende impossibile alla protagonista, nella quale si è andata formando nel corso degli anni un'acuta sensibilità etica e civile contro i soprusi e le ingiustizie, godere appieno della felicità conquistata; basti pensare che la decisione di sposarsi è presa quasi esclusivamente per conquistare una legittimità di coppia riconosciuta dal regime solo alle persone sposate.Con il trascorrere del tempo Marjane percepisce un suo progressivo allontanamento emotivo, morale e affettivo dal marito, nel quale non vede più un principe azzurro, ma solo un uomo apatico, deluso, stanco e incapace di reagire al dramma in corso nel suo paese.

A seguito della decisione, anche in questo caso soffertissima, di divorziare, Marjane matura anche il fermo proposito di tornare in Europa, questa volta da donna formata, adulta e cosciente.

Il libro si chiude con la sua partenza all'aeroporto e il distacco - che stavolta sapremo essere definitivo - dai suoi affetti più cari; i genitori e soprattutto la saggia nonna, condensato in una frase necessaria e difficile: "la libertà ha sempre un prezzo".

Proprio questo ho apprezzato del libro, forse proprio per il significato soggettivo che ha per me, essendomi stato regalato da una persona che voleva invitarmi a valorizzare il significato della "scelta": mi pare che dal libro emerga la capacità di descrivere a tutto tondo le sfumature della libertà, la sua bellezza, ma anche i suoi risvolti più crudeli, la dimensione della solitudine, della rinuncia, del limite che sono insite in ogni nostra decisione e, nonostante la consapevolezza di tutto questo, l'esigenza di riaffermare questa libertà come il dono più prezioso, che ci consente di essere e divenire ogni giorno.

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