28 maggio 2008

L'aria delle cose che mi piacciono

Oggi ho mollato tutto e tutti, parenti, amici, colleghi e all'una e mezza in punto sono partita per fare una pausa pranzo a modo mio, sola soletta, me myself and I (and a giant ice-cream, I must admit); obiettivo era quello di una cura ossigenante intensiva a base di aria delle cose che mi piacciono.
Prima tappa il Salotto Creativo della insostituibile e instancabile sig. ra Carla in Salita Ai 4 Canti, dove vado, oltre che a comprare, a rimirare i suoi tesori e fare due chiacchiere. Tra i tesori, appunto, che mi sento in dovere segnalare; bottoncini di ceramica e di madreperla, fiori e nappine in stoffa e, soprattutto, lini da ricamo (introvabili a Genova a prezzi umani).
E poi dei manufatti davvero particolari, tra cui i paralumi ricamati a giorno dalla sig. ra Carla e due teli in seta dipinta di cui mi sono innamorata a prima vista (anche se purtroppo per ovvie ragioni di vincolo di bilancio resterà un amore privo di sbocchi futuri), che rappresentano rispettivamente un guerriero a cavallo e una barchetta in mezzo al mare di notte (per ogni onda del mare una strisciolina di seta cucita, pazzesco!!)
Seconda tappa; il mercatino vintage di Galleria Mazzini, rassegna mensile imperdibile di cose più o meno belle, ma se non altro colorate e divertenti; tazze, tazzine, chicchere e pinzillacchere, nuove, seminuove, sbeccate o da buttare, mobili, mobiletti, cassettiere e credenzine antichi, anticati o smaccatamente rifatti, giocattoli, libri, libretti, foto, cartoline, stampe antiche (quelle belle davvero!), bijoux, soprammobili, ninnoli vari. Insomma un po' all'insegna delle buone cose di pessimo gusto di gozzaniana memoria.
Mi fa sempre sorridere il capannello di donne attorno al banchetto dell'artigianato russo (che, per chi è pratico, resta già fuori dalla galleria, in largo San Giuseppe, proprio di fronte alla chiesa di Santa Marta) con il suo groviglio di fili di perle scaramazze, pietre semipreziose e resine sintetiche e, nell'altra metà del banco, la pila dei colbacchi, assolutamente inutili per i mitissimi inverni genovesi, ma ugualmente contesi dalle clienti che sgomitano per provarseli, forse decise a sentirsi per un'ora Anna Karenina, l'Anna Karenina della pausa pranzo.

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